Come il primo giorno in cui ho iniziato a scrivere sulle pagine di questo diario, è una suggestione ad essere la scintilla per le idee. Per le idee ma anche per i ricordi, i sapori e, naturalmente, le ricette.
Il profumo che mi ricorda l’estate è, e sarà sempre, quello delle melanzane nostrane fritte (tagliate in lunghe fette sottili per preparare la parmigiana). Ma se penso ad una spiaggia assolata e ai suoi bagnanti immobili sotto la luce bianchissima del sole di luglio, mi torna alla mente il lungomare di Mondello e le “abbanniate” biascicate a cantilena dai venditori ambulanti: omini smilzi e dalla carnagione bruciata, o tondi e grondanti di sudore, che attraversano tutto il giorno in lungo e in largo la spiaggia carichi fino all’inverosimile, ciondolanti e coi sandali perennemente insabbiati.
“Coccòbello! ….Cooooooccòbello” – urla un siciliano pelle e ossa che somiglia più a un tunisino.
“Quant’è bell’à pollà”, “Caùra e tiènnera… A’ pollanchél” – grida, soffocando ogni frase, un omone con un’enorme e caldissima pentola di alluminio (la quarara) a séguito.
Credo che più che un’usanza siciliana, sia qualcosa che appartiene strettamente a noi palermitani. Non so esattamente chi abbia dato inizio a questa tradizione, però è certo che il mais, sebbene non soppiantò mai la coltivazione del grano (come accadde nel ‘500 nella pianura padana), veniva coltivato nelle campagne siciliane già secoli addietro; lo dimostra anche il fatto che uno dei tanti nomi italiani per identificarlo fosse, appunto, “granone siciliano”.
Tornando ai nostri giorni, e alle pollanchelle estive, penso adesso a quell’ora speciale del pomeriggio in cui i venditori, tornati in città, terminano il loro peregrinare tra i pochi vicoli non ancora imborghesiti del centro storico, approfittando delle ombre alte per un primo ristoro e per offrire, così, le pollanchelle e l’abbanniata estiva a chi ha potuto permettersi la consolazione del mare.
Tutto cambia e tutto è sempre lo stesso in terra di Sicilia, le tradizioni son dure a morire e a volte vengono fraintese, esasperate o storpiate, ma sono sempre lì, a rassicurare che il circolo si chiude e ritorna. Anche i venditori più giovani, ai quali sembra che il sole nuoccia più che agli anziani, ripercorrono le solite orme sulla battigia ma alterando la solita nenia per annoiarsi meno, a proposito di ciò eccovi questo video.
In generale, però, sembrerà assurdo sostituire un fresco cono gelato con una calda pannocchia bollita, ma la verità è che la saggezza a tavola dei siciliani non va mai sottovalutata…
Chi sa se il venditore ambulante sa quanto, sebbene ricco di carboidrati e poco proteico, il mais bollito sia ricchissimo di: Fosforo, Magnesio, Calcio, Sodio, Potassio, Vitamina C, vitamina A e Folati. Tutti minerali che perdiamo con la sudorazione e che sono fondamentali per la nostra salute, soprattutto in estate!
Il miglior modo per mangiare le pollanchelle così che gli amidi non diventino pesanti e non si disperdano i minerali? Ecco la ricetta:
Pannocchie fresche bollite alla siciliana:
Scegliete delle pannocchie giovani, piccole e chiare (possibilmente dai semi non raggrinziti). Pulitele dalle foglie e dalla barbetta. Fate bollire una grossa pentola senza sale (in questo modo cuoceranno prima) e sbollentatele per 15-20 minuti.
Scolatele, salatene un po’ la supeficie e sgranocchiatele tiepide, comodi sulla vostra sdraio.
I più viziosi, possono anche spalmarle con un po’ di burro e rosolarle sulla piastra; in questo modo, caramelladosi gli zuccheri delle fibre, si accentuerà sapore e dolcezza.